Who I am

Alba Gnazi

Le parole sono una chiave e un ponte, un codice privilegiato e misterioso, un canto: leggo da quando ne ho memoria.
Ancorata alla Musica, trattengo chimere sotto le unghie e mi ricompongo nella luccicanza di gioie minute, a metà tra il surreale e la strada.
E di vagare non smetto.


Octavio Paz - Cantata



Testimonianza

CANTATA
2
Le parole sono incerte
e dicono cose incerte.
Ma dicano questo o quello,
                                      ci dicono.
Amore è una parola equivoca,
come tutte.
              Non è parola,
disse il Fondatore:
                          è visione,
inizio e corona
della scala della contemplazione
- e il fiorentino:
è un accidente
- e l’altro:
non è la virtù
ma nasce da quello che è la perfezione
- e gli altri:
una febbre, una pena,
una battaglia, una frenesia, uno stupore,
una chimera.
              Il desiderio lo inventa,
lo ravvivano i digiuni e le lacerazioni,
la gelosia lo stimola,
l’abitudine lo uccide.
                          Un dono,
una condanna.
              Furia, beatitudine.
È un nodo: vita e morte.
                          Una piaga
Che è rosa di resurrezione.
È una parola:
              dicendola, ci dice.
L’amore inizia nel corpo
dove termina?
              Se è fantasma,
si incarna in un corpo;
                          se è corpo,
a toccarlo si dissipa.
                          Fatale specchio:
l’immagine desiderata svanisce,
tu ti affoghi nei tuoi stessi riflessi.
Festino di spettri.

Apparizione:
              l’istante ha corpo e occhi,
mi guarda.
              Alla fine la vita ha volto e nome.
Amare:
fare di un’anima un corpo,
fare di un corpo un’anima,
fare un tu di una presenza.
                                      Amare:
aprire la porta proibita,
                          passaggio
che ci porta all’altro lato del tempo.
Istante:
  rovescio della morte,
nostra fragile eternità.

Amarsi è perdersi nel tempo,
essere specchio fra specchi.
                          È idolatria:
divinizzare una creatura
e ciò che è temporale chiamare eterno.
Tutte le forme di carne
sono figlie del tempo,
                          simulacri.
Il tempo è il male,
              l’istante
è la caduta;
amare è precipitarsi:
cadere interminabilmente,
                          il nostro compagno
è il nostro abisso.
              L’abbraccio:
geroglifico della distruzione.
Lascivia: maschera della morte.

Amare: una variazione,
              appena un momento
nella storia della cellula primigenia
e delle sue innumerevoli scissioni.
                                      Asse
su cui ruotano le generazioni.

Invenzione, trasfigurazione:
la ragazza diventa fonte,
i capelli costellazione,
isola la donna addormentata.
                          Il sangue:
musica nel diramarsi delle vene;
                          il tatto:
luce nella notte dei corpi.
                          Trasgressione
della fatalità naturale,
              cerniera
che allaccia destino e libertà,
                          domanda
incisa sulla fronte del desiderio:
accidente o predestinazione?
Memoria, cicatrice:
- da dove siamo stati strappati?
                                          cicatrice,
memoria: sete di presenza,
                                      desiderio
della metà perduta.
                          L’Uno
È il prigioniero di se stesso,
                                      è,
solamente è,
              non ha memoria,
non ha cicatrice:
                          amare è due,
sempre due,
              abbraccio e lotta,
due è voler essere uno
ed essere l’altro, l’altra:
                          due non riposa,
non è mai completo,
                          gira
intorno alla sua ombra,
                          cerca
ciò che perdemmo nascendo;
la cicatrice si apre:
                          fonte di visioni;
due: arco sopra il vuoto,
ponte di vertigini;
due:
specchio delle mutazioni.

3

Amore, isola senza ore,
isola circondata di tempo,
                              chiarore
assediato dalla notte.
                          Cadere
è ritornare,
              cadere è salire.
Amare è avere occhi nei polpastrelli,
palpare il nodo in cui si annodano
quiete e movimento.
                          L’arte di amare
è arte di morire?
                          Amare
è morire e rivivere e rimorire:
è la vivacità.
              Ti amo
perché sono mortale
e tu lo sei.
              Il piacere ferisce,
la ferita fiorisce.
Nel giardino delle carezze
tagliai il fiore di sangue
per adornare i tuoi capelli.
Il fiore divenne parola.
La parola arde nella mia memoria.

Amore:
riconciliazione con il Gran tutto
e con gli altri,
              i minuscoli tutti
innumerevoli.
              Tornare al giorno dell’inizio.
Al giorno d’oggi.

La sera è colata a picco.
Fari e riflettori
Perforano la notte.
                          Io scrivo:
parlo con te:
              parlo con me.
Con parole d’acqua, di fiamma, d’aria e di terra
Inventammo il giardino degli sguardi.
Miranda e Ferdinand si guardano,
interminabilmente, negli occhi
- fino a pietrificarsi.
Un modo di morire
come gli altri.
              In alto
le costellazioni scrivono sempre
la stessa parola;
                          noi,
qui in basso, scriviamo
i nostri nomi mortali.
                          La coppia
è coppia perché non ha Eden.
Siamo gli espulsi dal Giardino,
siamo condannati a inventarlo
e a coltivare i suoi fiori deliranti,
gioielli vivi che tagliamo
per adornare un collo.
                          Siamo condannati
ad abbandonare il Giardino:
                                      davanti a noi
sta il mondo.

                          Coda
Forse amare è imparare
a camminare per questo mondo.
Imparare a rimanere quieti
Come il tiglio e la quercia della favola.
Imparare a guardare.
Il tuo sguardo semina.
Piantò un albero.
                          Io parlo


  Tratta da ''Il fuoco di ogni giorno'', in Octavio Paz, Le opere - Nobel 1990, Utet Torino
(Traduzione di Ernesto Franco)

Img: Octavio Paz, fonte: www.rtve.es

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